venerdì 19 novembre 2010

Quali leggi elettorali in discussione al Senato.

 Un articolo de Il Velino fa una mappatura delle leggi elettorali in discussione al Senato
 
MODELLO TEDESCO
I ddl n. 2293 e 2294 (presentati entrambi il 22 luglio 2010), a firma del senatore Rutelli (Api) e altri, fanno esplicito riferimento al modello tedesco. Per la Camera il n. 2293 prevede un sistema definito "proporzionale personalizzato". I seggi vengono assegnati per metà in collegi uninominali e per l'altra metà in base a liste circoscrizionali che competono con metodo proporzionale.
Resta affidato al risultato proporzionale il compito di determinare l'esito complessivo del voto. Ai seggi sono proclamati eletti i candidati che abbiano ottenuto la maggioranza nei collegi uninominali e, a seguire, i candidati presenti nelle liste circoscrizionali, fino a completare il numero di seggi spettanti a ciascuna lista in base all'assegnazione proporzionale.
In questo caso all'elettore si chiede di votare su due distinte schede (per il candidato nel suo collegio uninominale e per la lista nella circoscrizione), potendo quindi optare per un voto disgiunto. Si pone quindi una soglia di sbarramento al 5 per cento del totale dei voti validi.
Per quanto riguarda l'elezione del Senato, il ddl n. 2294 propone il ripristino della legge "voluta direttamente dall'Assemblea costituente", ossia un sistema formalmente fondato su collegi uninominali, ma in sostanza proporzionale puro. La prima legge elettorale del Senato (legge 6 febbraio 1948, n. 29) prevedeva infatti che il territorio di ogni regione fosse diviso in tanti collegi uninominali quanti senatori le spettavano in proporzione alla sua popolazione; ciascun candidato nei collegi uninominali doveva però "collegarsi" ad almeno due candidati in altrettanti collegi della stessa regione. Ma per risultare eletti in prima istanza nel rispettivo collegio, i candidati dovevano conquistare almeno il 65 per cento dei voti validi.

Un'asticella talmente elevata, che nella quasi totalità dei collegi si applicava un sistema di tipo proporzionale: i voti riportati dai candidati collegati fra di loro entro la regione venivano sommati insieme in modo da determinare la "cifra elettorale" di ogni gruppo di candidati in quella regione. I seggi disponibili nell'ambito regionale venivano quindi ripartiti fra i diversi gruppi di candidati in proporzione ai voti conseguiti da ciascun gruppo. Stabilito così quanti seggi spettassero ad ogni gruppo, si stabiliva l'ordine di precedenza dei singoli candidati all'interno del gruppo sulla base della "cifra individuale", espressa, per ovviare alla diversa ampiezza dei vari collegi, come percentuale degli elettori del collegio. La quasi totalità dei seggi del Senato veniva dunque assegnata con un sistema sostanzialmente proporzionale.

"Simile" al modello cosiddetto tedesco è il ddl n. 110 (presentato il 29 aprile 2008), a firma del senatore Cutrufo (Pdl). A differenza di quanto avviene in Germania, tuttavia, non prevede soglie di sbarramento e conserva un premio di maggioranza, a livello nazionale per la Camera e regionale per il Senato, ma solo a patto che la coalizione vincente raccolga "almeno il 40 per cento dei seggi in palio". Per la Camera dei deputati prevede che la metà dei seggi venga assegnata con il metodo proporzionale attraverso liste circoscrizionali bloccate e l'altra metà in collegi uninominali "ritagliati all'interno delle circoscrizioni medesime". E' prevista un'unica scheda, divisa in due parti, quindi il sistema non ammette il voto disgiunto. Anche per l'elezione del Senato la metà dei seggi viene attribuita attraverso liste bloccate su base regionale, mentre l'altra metà in collegi uninominali "infraregionali".

MODELLO FRANCESE
Il ddl n. 2098 (presentato l'8 aprile 2010), a firma del senatore Ceccanti (Pd) e altri, traduce in un testo di legge il sistema elettorale per il quale si è espressa a favore la maggioranza del Partito democratico. Un sistema che, richiamandosi esplicitamente a quello in vigore in Francia per l'elezione dei membri dell'Assemblea nazionale, prevede la reintroduzione dei collegi uninominali, estesi a tutti i seggi in palio per la Camera dei deputati e per il Senato, un secondo turno eventuale, cui si accede qualora nessuno dei candidati abbia ottenuto la maggioranza assoluta al primo. Per il secondo turno il ddl riproduce la vigente clausola francese che consente la presentazione ai candidati che abbiano conseguito almeno il 12,5 per cento dei voti degli aventi diritto.

UNINOMINALE A TURNO UNICO E RITORNO AL 'MATTARELLUM'
Propone invece il sistema uninominale a turno unico il ddl n. 27 (presentato il 29 aprile 2008), a firma del senatore Peterlini (SVP-Aut). Prevede, quindi, l'abrogazione della legge 21 dicembre 2005, n. 270, il cosiddetto "porcellum", limitatamente alla parte che regola l'elezione della Camera, riportando in vigore le disposizioni introdotte con la legge 4 agosto 1993, n. 277, il cosiddetto "mattarellum", da cui però viene eliminata la quota proporzionale del 25 per cento.

I ddl n. 1549 (presentato il 6 maggio 2009), a firma del senatore Ceccanti (Pd) e altri, e n. 1550 (presentato il 7 maggio 2009), a firma del senatore Cabras (Pd) e altri, nella sostanza propongono l'abrogazione della legge attuale, approvata nel 2005 (il cosiddetto "porcellum"), e il ritorno al sistema in vigore dal 1993, il cosiddetto "mattarellum". Per quanto riguarda la Camera, in ogni circoscrizione, il 75 per cento del totale dei seggi verrebbe attribuito nell'ambito di altrettanti collegi uninominali, nei quali risulta eletto il candidato che ha riportato il maggior numero di voti, e il restante 25 per cento dei seggi verrebbe attribuito proporzionalmente tra i gruppi dei candidati con il medesimo contrassegno concorrenti nei collegi uninominali.

Anche il n. 2327 (presentato il 14 settembre 2010), a firma del senatore Ceccanti (Pd), prevede l'abrogazione del "porcellum" e il ritorno al "mattarellum", ma prevedendo "l'allineamento della disciplina della Camera a quella prevista per il Senato" fino al 2005.

VOTO ALTERNATIVO
E' quello proposto dal ddl n. 2312 (presentato il 30 luglio 2010), a firma del senatore Ceccanti (Pd), che si richiama al modello australiano e al sistema adottato in Gran Bretagna dal Labour party per la scelta del leader del partito. Si tratta, nella sostanza, di un sistema uninominale a turno unico con una sorta di "ballottaggio preventivo" (o doppio turno in un'unica giornata). Consente infatti all'elettore di esprimere anche "seconde preferenze". "Vengono anzitutto scrutinati i primi voti - si spiega nella presentazione al ddl - Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta (nel quale caso sarebbe subito proclamato eletto) si comincia ad escludere il candidato che abbia ottenuto una minore quantità di primi voti e si spartiscono i suoi secondi voti tra i candidati restanti. L'operazione è ripetuta finché un candidato non arriva alla maggioranza assoluta". "Tale sistema - si legge nella nota - consente di avere i benefici del secondo turno elettorale, alzando significativamente la soglia di legittimazione dell'eletto, senza bisogno di portare per due volte gli elettori alle urne, evitando quindi i relativi costi politici (rischio di astensionismo) nonché materiali". Inoltre, secondo i promotori "incentiva in modo significativo un bipolarismo scelto collegio per collegio dagli elettori con la elevata soglia di legittimazione della maggioranza assoluta, nella semplicità di un unico turno elettorale". In una simulazione allegata al ddl, si ipotizza il seguente esito della votazione: Bianchi 80; Rossi 60; Verdi 40; Gialli 20. Su 200 voti, nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta di 101 voti su 200. Dunque, si esclude il candidato "Gialli" e si ripartiscono i suoi secondi voti: ne sono stati espressi 15, 5 per ciascuno degli altri tre candidati. Per cui il nuovo risultato sarebbe: Bianchi 85; Rossi 65; Verdi 45. I voti validi sarebbero 195 e anche in questo caso il quorum (di 98) non verrebbe raggiunto. Quindi, si elimina anche il candidato "Verdi" e si spartiscono i suoi secondi voti: supponendo che siano 35, di cui 5 a Bianchi e 30 a Rossi. In questo modo, Rossi con 95 voti supererebbe Bianchi, fermo a 90.

Mira allo stesso sistema il ddl n. 2357 (presentato il 6 ottobre 2010), a firma del senatore Musso (Pdl).

PREMIO NAZIONALE ANCHE AL SENATO
Il ddl n. 2356 (presentato il 5 ottobre 2010), a firma del senatore Quagliariello (Pdl), prevede semplicemente dei correttivi all'attuale sistema: sostituisce i premi di maggioranza su base regionale con un unico premio su base nazionale e prevede un'unica soglia di sbarramento pari al 5 per cento regionale, sia per le liste coalizzate sia per le liste singole, in luogo delle tre diverse soglie previste dal sistema vigente. Dunque, "qualora la coalizione di liste (o la lista singola) che ha conseguito il maggior numero di seggi nell'ambito di tutte le circoscrizioni regionali (incluse quelle della Valle d'Aosta e del Trentino-Alto Adige, il cui sistema di elezione rimane peraltro immutato), abbia conseguito meno di 170 seggi", ad essa verrebbe attribuito un "premio di governabilità" fino a raggiungere quota 170, ma "comunque in misura mai superiore a 45 seggi". Nella presentazione allegata al ddl i proponenti ricordano che "sono state molteplici e prevalenti le voci di giuristi, esperti ed esponenti politici dei più diversi orientamenti culturali e politici – tra tutti è sufficiente ricordare quella del professor Roberto D'Alimonte – a sostegno della piena conformità alla Costituzione dell'eventuale assegnazione di un premio di maggioranza o di governabilità nazionale, a condizione di un suo scrupoloso riparto nelle singole circoscrizioni regionali, in modo da rispettare la ripartizione dei seggi tra le regioni stabilita dalla Costituzione".

MODELLO IBRIDO TEDESCO-SPAGNOLO
Il ddl n. 696 (presentato il 27 maggio 2008), a firma del senatore Saro (Pdl), non è altro che la "traduzione in articolato", come si spiega nella presentazione allegata al testo, del cosiddetto "schema Vassallo-Ceccanti", che ha caratterizzato il dialogo tra il segretario del Pd, Walter Veltroni, e il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, verso la fine del 2007. Si tratta in sostanza di un "ibrido" tra il sistema tedesco e quello spagnolo. Quindi prevede che metà dei seggi vengano attribuiti con metodo proporzionale e l'altra metà in collegi uninominali. Ma l'ampiezza contenuta delle circoscrizioni i cui seggi sono assegnati con il proporzionale, disegnate a livello provinciale, rappresenta in sé una implicita soglia di sbarramento.

RITORNO ALLE PREFERENZE
Come alla Camera, anche al Senato c'è poi una serie di disegni di legge che chiedono di reintrodurre il voto di preferenza rimanendo nell'impianto della legge attuale:

il ddl n. 871 (presentato il 2 luglio 2008), a firma del senatore Cuffaro (Udc);
il n. 748 (presentato il 5 giugno 2008), a firma del senatore Molinari (Pd);

il n. 111 (presentato il 29 aprile 2008), a firma del senatore Cutrufo (Pdl);

il n. 29 (presentato il 29 aprile 2008), a firma del senatore Peterlini (SVP-Aut), che prevede tra l'altro anche l'abolizione delle candidature plurime;
il n. 3 (presentato il 29 aprile 2008), d'iniziativa popolare, che prevede inoltre una serie di criteri di incandidabilità ed ineleggibilità, casi di revoca e decadenza del mandato, in caso di condanne penali.
Mira al proporzionale puro, infine, il ddl n. 1566 (presentato il 13 maggio 2009), a firma del senatore Chiti (Pd) e altri. Prevede infatti l'abolizione del premio di maggioranza dall'attuale legge, e di alzare la soglia di sbarramento per le liste coalizzate dal 2 al 4 per cento alla Camera e dal 3 al 4 per cento al Senato

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