tratto dal sito di "giustizia e liberta'"
IL REFERENDUM ELETTORALE GUZZETTA: UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA.
Il referendum abrogativo della legge elettorale vigente (la porcata) che si terrà a giugno 2009 contiene tre quesiti che riempiono diverse pagine delle schede - lenzuolo che ci verranno consegnate, secondo la nota tecnica “manipolativa” dei referendum abrogativi.
Volendo sintetizzare i quesiti saranno tre:
1° Quesito 2° Quesito 3° Quesito
Modulo colore Verde Modulo colore Bianco Modulo colore Rosso
Premio di maggioranza alla Premio di maggioranza alla Abrogazione delle
Lista più votata CAMERA lista più votata candidature multiple
DEI DEPUTATI SENATO
E’ in atto il tormentone dell’election day: votare in coincidenza con le europee e le amministrative o in diversa data.
I referendari (da Guzzetta a Segni a Parisi e altri) si sono addirittura recati a Pontida per invocare l’election day e favorire l’affluenza al voto in quanto è necessario raggiungere il quorum della maggioranza dei voti.
Come noto Veltroni strizzò ripetutamente l’occhiolino ai referendari e così pure Di Pietro, mentre il Partito Democratico non ha assunto apparentemente una posizione pubblica (non solo su questo tema).
Alleanza Nazionale e gran parte dei Parlamentari di Forza Italia si sono schierati a favore del referendum.
Mentre avanza inesorabilmente il partito del Premier e il ruolo del Parlamento viene sempre più compresso, Berlusconi apparentemente tace sull’election day, mentre la Lega è fermamente contraria.
Ma il problema non è solo l’election day che nel clima di generale invocazione più o meno esplicita dell’uomo forte potrebbe favorire la vittoria del SI.
Il problema è quello degli anticorpi, come li definiva un mio antico Maestro, Paolo Sylos Labini: anticorpi capaci di capovolgere l’onda populistica e plebiscitaria trasformandosi in onda democratica.
La scommessa è di raccogliere le forze per vincere e far valere le ragioni del NO: le ragioni della democrazia.
Prima che sia troppo tardi.
Tre ragioni per il NO
1) Perché si tratta di una nuova legge “ACERBO”.
Una legge elettorale condivisa, quale regola del gioco, deve essere
coerente con l'attuale e condiviso assetto costituzionale, confermato dalla
stragrande maggioranza dei cittadini italiani con il voto popolare del 25 e 26 giugno 2006.
Il referendum manipolativo della vigente "porcata" non lo è.
Mussolini volle la legge Acerbo, approvata dalla Camera dei Deputati il 21 luglio 1923.
Tale legge prevedeva l'adozione del sistema maggioritario all'interno di un collegio unico nazionale.
Alla lista che avrebbe ottenuto più voti sarebbero toccati i due terzi dei
seggi (356), mentre i restanti (179) su base proporzionale andavano alle liste rimaste in minoranza. Era inoltre previsto, qualora la lista di maggioranza fosse una federazione di partiti, un ingente premio di maggioranza al movimento con più voti tra quelli che componevano la lista più grande.
Alle elezioni del 6 aprile 1924, inizio del regime, il Listone Mussolini
prese il 64,9% dei voti ed elesse 375 deputati, mentre le opposizioni di centro sinistra ottennero solo 161 seggi, nonostante che al Nord fossero in maggioranza con 1.317.117 voti contro 1.194.829 del Listone.
E' chiaro che la porcata è negativa al cento per cento, ma è altrettanto evidente che anche il sistema scaturente dal referendum non sarebbe altro che una "superporcata", ancora peggiore dell'attuale.
Una sola lista, in ipotesi anche con il 25% dei voti, purchè prima, otterrebbe il
55% dei seggi.
E' un meccanismo che coltiva l'illusione infantile e antidemocratica che il
sistema dei partiti possa essere radicalmente riformato, passando a soli 2 partiti, esclusivamente per forzatura elettorale, annullando qualunque dinamica politica e negando il principio di rappresentanza.
Negando anzi addirittura il Parlamento, in quanto gli elettori eleggerebbero il Governo, plebiscitandolo.
Un meccanismo che ricalca la legge Acerbo.
Oggi basterebbe, così come sarebbe bastato alle elezioni politiche del 2006, il 23% dei voti all’epoca attribuito a Forza Italia, primo partito, per avere il 55% dei seggi; ovvero come avvenuto nel 2008 il 37% dei voti, così come attribuito al Popolo delle Libertà, primo partito, sempre per avere il 55% dei seggi.
Laddove nel 1924 il Listone fascista con il 64,9% dei voti conquistò il 69,9% dei seggi della Camera, ricevendo dunque un “premio” di gran lunga inferiore.
2) Perché non viene meno il Parlamento dei “nominati” non eletti, per di più da un solo partito e non già da una coalizione di partiti.
Con l'attuale porcata, i parlamentari non sono scelti dai partiti, ma
nominati dai pochi oligarchi delle segreterie, che formano le liste dei candidati secondo un ordine prefissato, che pur presuppone un qualche accordo tra i partiti della coalizione inteso a valorizzare anche posizioni non maggioritarie all’interno della stessa coalizione.
Il referendum rafforzerebbe l'odiosa norma, in quanto nei più lunghi elenchi di candidati dei listoni che ne scaturirebbero l'ordine prefissato dai partiti sarebbe ancora più decisivo per l'elezione della singola persona determinata da un ristretto numero di capi di partito, rappresentando peraltro il partito stesso una fetta minoritaria dei cittadini.
Se poi si pensasse che attraverso le cosiddette “primarie” sia possibile una qualche selezione partecipata, si dovrà certamente considerare che i partecipanti alle “primarie” indette da un singolo partito costituiscono un numero ulteriormente molto ridotto di persone rispetto agli stessi votanti di quel partito; senza contare che notoriamente incombono i soliti “signori delle tessere”.
Chi afferma dunque di combattere il regime dei partiti è viceversa il massimo rappresentante della più feroce partitocrazia!
3) Perché la stessa Corte Costituzionale, sia pure ammettendo il referendum, ha riconosciuto che la legge che ne risulterà sarà incostituzionale (Corte Costituzionale 16/11/2008 n. 15).
La normativa di risulta (la legge che deriverebbe dalla vittoria del SI) non prevede alcuna soglia per l’attribuzione del premio di maggioranza, permettendo alla sola lista più votata di ottenere il premio purchè essa superi il 4% di sbarramento.
Tale risultato presenta evidenti problemi non solo di merito ma anche di costituzionalità.
La Corte Costituzionale si è necessariamente limitata al giudizio di ammissibilità del referendum elettorale, non potendo verificare l’illegittimità costituzionale della legge di risulta, in quanto non investita, nemmeno essendo stata mai investita della questione di legittimità costituzionale dell’attuale porcata.
E tuttavia senza pretendere di emettere alcun giudizio anticipato di legittimità costituzionale, la Corte ha segnalato gravi carenze e problemi di costituzionalità della vigente normativa elettorale e di quella che risulterebbe dal referendum.
Senza pretendere di emettere alcun giudizio anticipato di legittimità costituzionale, la Corte ha infatti segnalato diversi aspetti problematici di una legislazione che continua a non subordinare l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi.
Tant’è che ha affermato espressamente quanto segue: “… questa Corte può spingersi soltanto sino a valutare un dato di assoluta oggettività, quale la permanenza di una legislazione elettorale applicabile, a garanzia della stessa sovranità popolare, che esige il rinnovo periodico degli organi rappresentativi. Ogni ulteriore considerazione deve seguire le vie normali di accesso al giudizio di costituzionalità delle leggi.
L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi … senza entrare nel merito della normativa di risulta, che non può essere sindacata in questa sede … Nella sede presente è sufficiente tale osservazione per ritenere che il fine intrinseco del referendum, oggi all'esame di questa Corte, non può essere causa di inammissibilità dello stesso. Altro problema è quello, cui si è accennato nel paragrafo precedente, del grado di distorsione in concreto prodotto. Ciò richiederebbe tuttavia una analisi della normativa di risulta ed, ancor prima, della legge vigente, estranea alla natura del giudizio di ammissibilità…”.
Ovviamente, nessuno dei sostenitori del referendum vi ha fatto cenno.
Peraltro il risultato voluto dai referendari è stato in concreto anticipato dai maggiori partiti politici, come dimostra la vicenda elettorale del 2008, che ha visto la nascita del Partito Democratico che da solo si è opposto al Popolo delle Libertà.
Sovviene in proposito una considerazione ovvia: se i maggiori partiti vogliono, possono già ora decidere se correre da soli (come hanno sostanzialmente fatto alle ultime elezioni) o in coalizione.
Al momento, infatti, nessuno punta la pistola sulla fronte di nessuno e tutti sono liberi di decidere se presentarsi da soli o in compagnia, ma è proprio questa libertà di scelta che il referendum intende abrogare.
Altra osservazione non meno importante: il Porcellum rimarrebbe nella sostanza un Porcellum rafforzato.
L'assurdo premio di maggioranza, assegnato senza alcun criterio di raggiungimento di un risultato minimo, rimarrebbe tale ed anzi amplificato nei suoi aspetti peggiori. Nessuna possibilità per gli elettori d'intervenire sulle imposizioni provenienti dai partiti circa i nomi da eleggere. Ed anzi, proprio l'impossibilità di presentare le coalizioni toglierà agli elettori l'unica possibilità che oggi hanno d'intervenire, laddove queste si costituissero, sugli equilibri interni delle coalizioni stesse.
Si deve allora concludere, e sovviene in proposito il ricordo di un’antica battaglia dei democratici italiani, che ancora una volta siamo davanti ad una truffa.
E’ difficile pensare che i maggiori partiti che siedono attualmente in Parlamento si facciano carico di emendare la vigente normativa elettorale, democratizzandola, come dimostra la vicenda delle Giunte delle elezioni delle Camere elette competenti a valutare la legittimità della normativa elettorale, come affermato dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Cassazione.
Sarebbe come se negli Stati Uniti fosse chiesto ai tacchini di organizzare il menù per il Giorno del Ringraziamento!
Per sollecitare lo sdegno pubblico i referendari se la sono presa solo con i Parlamentari “nominati” e non “eletti”.
Questa è l’ennesima ipocrisia perché i referendum non mettono in discussione le liste dei “nominati”, che anzi vengono rafforzate.
Con il divieto delle coalizioni ci saranno ancora meno persone a nominare i parlamentari.
Non c’è limite all’indecenza.
Solo lo scatto di reni di un popolo di anticorpi potrà arrestare l’onda della deriva antidemocratica.
Torino, lì 27 marzo 2009.
Antonio CAPUTO
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